La mia zona non è Affori, ma Bovisa, che diede i natali al compagno
Bagnoli, ex allenatore dell'Internazionale. Grande personaggio,
riusci' a far vincere lo scudetto allo squadrone operaio del Verona,
con il portiere Garella, scoordinato, grasso, ma efficace.
La mia zona è periferica e popolare. Bovisa sta diventando quello che
new york non è stata in grado di diventare. Mi spiego meglio.
Dicevo che Bovisa è una zona periferica, fino alla fine degli anni
settanta c'erano molte fabbriche, successivamente dismesse, e dalle
ceneri di questi luoghi dediti al lavoro, inteso come fatica, sudore
sangue e merda, sono nati molti palazzi costruiti come Dio comanda, a
prezzi piuttosto accessibili. Il quartiere si è riempito di teroni
negli anni del boom economico, e fra una lavatrice a rate, una puntata
di lascia e raddoppia e una manifestazione in piazza, montavano le
loro mogli baffute, tarchiate e caciarone, dando alla luce quel
prodotto classico della periferia milanese che gli emigrati triveneti
e gli indigeni del quartiere chiamavano non molto amichevolmente "Fiol
de teroni". Cercando di non sconfinare nel luogo comune oserei dire
che la famiglia meridionale che ha avuto la fortuna di vivere a
contatto con la popolazione autoctona, si è emancipata molto prima
delle famiglie che hanno preferito vivere nei palazzoni della GESCAL a
stretto contatto con cuggini, zii e amici del paesello natio. Le
famiglie emancipate, in un primo tempo guardate di sbiesso dagli altri
inquilini, hanno capito immediatamente che dovevano mollare
completamente qualsiasi legame con la terra natia, cominciando a
cacciare le orde di parenti che stazionavano dentro le loro case,
sostituendo l'olio di oliva extravergine con l'olio di semi Olita,
bevendo l'acqua addizionata con la frizzina( o l'idrolitina) al posto
di quel vinaccio dolce, molto alcoolico e dal colore della pece che
loro avevano il coraggio di chiamare Vino. Piano piano il terone
emancipato cominciava a salire i gradini della scala sociale.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo al palazzone popolare,
classico formicaio di periferia. Qui non c'e' stata emancipazione, qui
una fetta di sud, si è trasferita al nord. Vorrei qui declamare i
versi di una nota canzone di Venditti dedicata alla laboriosa citta'
della Mole Antonellina, " TORINO; NAPOLI CHE VA IN MONTAGNA".
Venditti lo ha capito subito, è avanti di dieci anni almeno rispetto a
cantautori come De Gregori che sprecavano il loro tempo, e talento,
dedicando canzoni a cani di razza violenta.
Il terone Gescal si è accontentato di quello che ha ricevuto e di
quello che è riuscito a costruirsi nei primi anni di duro lavoro al
nord, poi stazionando fra i palazzoni e roso dalla nostalgia di casa,
si è come chiuso in se stesso senza lottare per avanzare nella scala
sociale. Il terone emancipato invece, ha fatto fruttare la sua
laboriosita' e ha cominciato a mettersi in proprio, andando a fare
l'ambulante nei mercati (Bucconi, se vai al mecato di via Fauche',
scoprirai che le bancarelle sono gestite tutti da "fioi de teroni"che
hanno avuto la fortuna di aver avuto genitori lungimiranti e avanti di
almeno dieci anni rispetto a tanta altra gente come quel coglione di
De Gregori), mettendosi in proprio diventando elettricista, idraulico,
panettiere, fino a guadagnare una barcata di soldi e cosa piu'
importante guadagnandosi la stima del vicino di casa bauscia e
razzista.
Cmqsia, mi sono perso, non mi ricordo piu' dove volevo andare a parare
e allora torno a parlare della Bovisa vera capitale del Meltin' Pot.
Anzi, ne parlero' un'altra volta perche' mi son rotto le balle di
scrivere pirlate e se non voglio finire di lavorare stasera alle 8 è
meglio che mi metto dietro a fare qualcosa.
Saluti tanti.